• Guido Chiesa
  • Il Manifesto

1996 — ARTICOLO Quattro episodi su Spike - racconto

Credo che della vita di Spike Lee, spesso a livello di banale pettegolezzo, si sia parl troppo, e sovente a sproposito. In particolare, molti hanno preteso di ricavare, dall'analisi della cronaca, chissa` quali conclusioni psico-socio-etniche. Non voglio entrare a far parte di questo circolo di cannibali.
Conosco Spike da oltre dieci anni e ho molta stima di lui. I miei contatti sono stati essenzialmente legati al lavoro, ma la frequentazione di amici comuni mi ha permesso di  conoscerlo un po' meglio del semplice interlocutore professionale. Lo ritengo una persona complessa (e chi non lo è, in fin dei conti?), eclettica e instancabile.
Il mio contributo allo studio del cinema di Spike Lee potrebbe fermarsi qui, ma il rispetto e la stima che mi lega ai curatori di questo volume mi obbligano ad andare oltre.
I quattro episodi, di cui raccontero` qui di seguito, non hanno alcuna pretesa rivelatrice, non vogliono illuminare chissà quale verità nascosta, nè ambire allo scioglimento degli enigmi dell'uomo Spike. Semplicemente, sono esperienze personali che, mi auguro, serviranno a rendere un po' meno semplici le analisi e le conclusioni dei cannibali di cui sopra.

1984. Conosco Spike a casa dell'amico Frank Prinzi. Frank è un ex collega di Spike alla New York University, nonchè un grande amico di Ernest Dickerson, il direttore della fotografia della maggior parte dei suoi film. Nell'impossibilità di utilizzare Dickerson per il suo esordio nel lungometraggio, The Messenger (la storia di un Pony Express), Spike ha scelto Frank, bianco e italo-americano. Anche il resto della troupe è prevalentemente bianca. L'idea è di girare in quindici-venti giorni, con pochi soldi e molta buona volontà. I fondi, si dice, li ha messi a disposizione la nonna. Spike è stato particolarmente impressionato dal successo del suo ex-compagno di universita` Jarmusch, il cui Stranger Than Paradise, presentato quell'anno a Cannes, ha riscosso ampi consensi. Dice in continuazione: "Jim ha capito come si fa".
Un mese prima delle riprese tutto crolla. Lo Screen Actors Guild, il sindacato degli attori, non concede a The Messenger lo status di film a basso costo, necessario per poter disporre a  tariffa minima degli attori iscritti alla SAG medesimo (cioè quasi tutti). Spike è distrutto: accusa di razzismo il sindacato e chiude la produzione. Un anno dopo gira She's Gotta Have It.

1985. Il fonico di The Messenger avrebbe dovuto essere Steve Ning, apprezzato cineasta lui stesso. Indicato da Frank Prinzi, Steve finisce invece nella troupe di Black Harvest, il  mio secondo cortometraggio. Il compito del fonico è molto difficile (gran parte del film si svolge su una spiaggia battuta dalle onde e dal vento dell'Oceano), ma Steve se la cava egregiamente. Alla proiezione di controllo della prima copia, presente tutta la troupe, mi accorgo di aver fatto un imperdonabile errore: ho omesso il nome di Steve dall'elenco. Mi vergogno come un ladro colto sul fatto, ma non ho i soldi per rifare i titoli. Lui non se la prende e mi fa scherzosamente promettere che lavorerò gratis nel suo primo film. Senza menzione nei titoli, ovviamente.
Quattro anni dopo Steve Ning muore improvvisamente a 37 anni. Lascia la moglie e un figlio di poche settimane. Avrebbe dovuto girare il suo primo lungometraggio di lì a tre mesi. Alla cerimonia funebre alla New York University intervengono tutti gli amici. Spike, diventato quell'estate una mega-star dei media con Do The Right Thing, è in prima fila, senza protagonismi o divismi.
 
1992. Il mio amico Michael è entrato in rapporti professionali con Fernando Sulichin, produttore associato di Malcolm X. Insieme, organizziamo una breve visita di Spike in Italia. La due-giorni include: visita alla boutique Armani di Roma, cena con Fellini, incontro con gli studenti del Centro Sperimentale di Cinematografia, pranzo con Lina Wertmuller e gli altri responsabili del Centro, trasferimento a Bologna e serata organizzata con il patrocinio della Cineteca Nazionale. Il giorno dopo Spike deve correre a Chicago: i Knicks giocano la playofff per la finale del torneo di basket NBA.
All'arrivo all'hotel Raphael (da poco orfano di Craxi), Spike fruga nella memoria e si ricorda l'amico italiano di Frank Prinzi. Passiamo due giorni frenetici, ma piacevoli. Fernando è una figura inquietante, un classico mitomane, come tanti nel mondo del cinema. Michael ed io non capiamo come Spike abbia potuto volerlo a suo fianco. Poi scopriamo che e` stato proprio Fernando a convincere il Re saudita a permettere a Spike di girare alla Mecca. Come ci sia riuscito lui, figlio di ebrei argentini, rimane un mistero.
Spike è sinceramente curioso sul cinema italiano, ma le sue idee sulla cinematografia tricolore sono ferme agli anni '6O. Si chiede come mai Fellini non lavori più  e quando gli spieghiamo il rapporto costi-incassi di film come Ginger e Fred o La voce della luna rimane di stucco. Gli racconto degli intrecci tra politica e cinema, della corruzione e dell' assistenzialismo statale. E' letteralmente ammutolito. Dice che in un contesto del genere uno come Fellini non sarebbe mai potuto venir fuori. E si interroga sul perchè sia Fellini che la Wertmuller non abbiano fatto menzione a lui di questi problemi.

1996. Da circa due anni, la società di Michael e mia rappresenta Spike in Italia per il mercato pubblicitario. Tutto è cominciato con il video per Eros Ramazzotti e proseguito proficuamente con altri tre spot. L'unico problema è che Spike è quasi sempre alle prese con le sue mille attività (lungometraggi, produzioni esecutive, catene di negozi, casa discografica, abbigliamento, ecc.) ed è difficilissimo beccarlo.
Nell'inverno, dopo la fine del montaggio di Girl 6 e prima di dedicarsi alla storia di Jackie Robinson, ha diretto un film a basso costo, girato in poche settimane e dedicato alla marcia del milione di uomini organizzata da Louis Farrakhan a Washington. Due giorni dopo la fine delle riprese, mentre si appresta ad iniziare il montaggio, telefona a Michael: "Senti, ho un paio di settimane libere quest'estate, perche` non mi trovi qualche spot da girare in Italia?".

Nient'altro che quattro episodi.