Sono passati quasi vent’anni dalla comparsa sulla scena del cinema americano di quella breve meteora chiamata new wave. Pochi nomi conosciuti al pubblico internazionale: Amos Poe, Susan Seidelman, soprattutto Jim Jarmusch. Una manciata di film significativi, magari poco visti ma molto citati, più in Europa che in patria. Una domanda legittima quanto fragile: che è rimasto di loro?
Dal punto di vista della scuola, poco o nulla. Anche perché, a ben vedere, mai di scuola si trattò, tante erano le individualità in gioco, tanto diversi gli stili e i respiri dei singoli. Costruito sull’assenza di un vero e proprio cinema indipendente americano, il gioco di questi filmaker newyorkesi si sospendeva tra il ricordo della lezione autarchica dei Cassavetes/Godard/Anger e la ricerca di quei quindici minuti di gloria di warholiana memoria. Non a caso, coscienti dell’aridità di un mondo cinefilo soffocato da accademismo e cerebralità, essi trovavano nella musica, soprattutto nell’esplosiva parata del punk, una fonte autentica di ispirazione. Con il rischio, come fu per il punk, di implodere da un lato nell’atteggiamento ribelle fine a se stesso, dall’altro di inventarsi improbabili scorciatoie per Hollywood. Se il primo fu il caso di personaggi come Scott & Beth B, Michael Oblowitz, Eric Mitchell, Sara Driver, risucchiati nell’anonimato dai vortici della loro stessa vanità, il secondo è stato il destino dei vari Amos Poe e Susan Seidelman, che con alterne fortune, ma identica frustrazione, hanno cercato di saltare la barricata verso un’industria cinematografica a cui ambivano pur essendone intimamente inadatti.
Eppure, quasi impercettibilmente, dopo di loro il cinema americano non è mai più stato lo stesso. In primo luogo e soprattutto, dopo di loro è esistito un cinema indipendente americano, ancor oggi fortemente condizionato dalla traiettorie di quel periodo. Ma più che ai loro film, gli indipendenti statunitensi hanno tratto ispirazione dal loro atteggiamento, da quella miscela di arroganza imprenditoriale e profonda conoscenza delle mode giovanili che li portava a realizzare film a bassissimo costo che finivano poi a Cannes e sui mercati di mezzo mondo. Da quella loro dualità esistenziale che li trascinava con identica naturalezza nei meandri dell’underground e nelle sfere del pop più mondano. Che santificava sull’altare della fretta giovanile l’intuizione del punk: Do It Yourself, fallo da solo, senza attendere legittimazioni dall’alto, senza aver paura di sbagliare.