• Rolling Stone

2007 — ARTICOLO Beppe Fenoglio: un uomo verticale - articolo

Non tragga in inganno la camminata alla John Wayne nella fotografia scattata dall’amico Aldo Agnelli in un giorno qualunque degli anni ’50 nella via maestra di San Benedetto Belbo, unica per altro degna di questo nome nel borgo delle Langhe piemontesi balzato all’onore delle cronache un paio di anni fa per aver, primo in Italia, adottato un sistema di videosorveglianza e internet in banda larga wi-fi (sic!): non c’era nulla di spaccone nell’universo umano e letterario di Beppe Fenoglio (1922-1963), uno degli scrittori più bistrattati e travisati del ‘900 italiano. E uno dei meno invecchiati. Altri sono i particolari che meritano attenzione. Ad esempio l’abito perfettamente stirato e l’immancabile fazzoletto che spunta dal taschino. Segni distintivi di un anomalostiloso di provincia, follemente sedotto dalla letteratura inglese classica, scrittore notturno mai compreso dal suo ambiente, ma anche impiegato diurno di una ditta vinicola e serale gran habituè di bar. Come quello di fronte a cui sono radunati, in fondo a sinistra, vari tipi di San Benedetto, probabilmente destinati a ritrovarsi in uno dei tanti scritti che Fenoglio ha dedicato a quel mondo contadino. Oppure, val la pena concentrarsi su quelle lontane Langhe scure, ancora prive di turisti in cerca di vini pregiati e tartufi cari come l’oro. In quelle colline, che dalla sua natia Alba si trascinano fino alle Alpi liguri, era racchiuso tutto ciò a cui Fenoglio aveva dedicato la sua breve esistenza: la guerra partigiana, combattuta con la penna, il cuore e le gambe levate in fuga dal nemico incalzante; l’indagine del senso di una vita che solo nel conflitto gli sembrava quadrare il cerchio; la ricerca di una Madre in grado di accoglierlo senza riserve, dato che quella reale gli riservava soprattutto liti e sensi di colpa (si leggaLa paga del sabato: grande racconto sui danni di un’educazione normale).

A ben pensarci, anche l’assenza di un dettaglio gioca qui il suo ruolo: questa è una delle poche immagini del Fenoglio adulto senza sigaretta in mano. 80 bionde al giorno, consumate per trent’anni con elegante distacco, senza retorica, come la sua scrittura secca, travolgente, assai poco italiana. Ma anche con totale adesione, come il suo essere intellettuale irregolare eppure schierato, lontano da ogni appiattimento ideologico, armato solo del suo spirito critico. Uno dei pochi nella storia della cultura italiana a non essere mai corso in aiuto al vincitore.

Eppure, credo che il vero cuore di questa fotografia, testimone del fascino e della modernità senza tempo di uno scrittore da molti relegato nei ghetti del regionalismo o della Resistenza, stia nella sua vocazione perpendicolare, quel suo procedere verso l’alto, che dalle lunghe leve dello scrittore conduce al campanile e poi alla chiesa mozzata. Quasi preveggente delle parole che il suo amico Don Bussi gli dedicò nell’orazione funebre, ben conscio del laico razionalismo intriso di religiosa prudenza del defunto: “Quando si è raggiunta la linea verticale, che porta in alto, non conta più nulla o quasi ciò che riguarda la linea orizzontale che nasce tra gli uomini e riguarda gli uomini”.