di F.F.
Nel marzo del 1991 lo sbarco di migliaia di albanesi nel porto di Brindisi ha ispirato all'intellettuale spagnolo Jorge Semprun un appello, rivolto alle televisioni di tutta l'Europa, a proporre una "nuova visione, oggettiva e generosa, del fenomeno migratorio, ricordando innanzitutto il contributo essenziale che gli immigrati hanno dato alla costruzione di una Storia, di una cultura e di un'identità europea". Per millenni terra d'ospitalità e di continui flussi di persone, l'Europa si sta trasformando in una fortezza incapace di garantire i diritti fondamentali a chi in essa cerca ospitalità?
In Italia ha raccolto l'appello il gruppo Tele + , che ha commissionato 7 cortometraggi a noti registi, 6 italiani e l'albanese Edmond Budina. Il Festival di Torino ha presentato queste sette opere, assolutamente libere di scegliere forme, punti di vista e contesti nell'affrontare il tema dell'immigrazione in Europa (…).
Ma il lavoro migliore è senza dubbio Il contratto di Guido Chiesa (presente al Festival anche con Alice è in Paradiso, cronaca della vita e della morte di Radio Alice durante il '77 bolognese), uno dei più bravi documentaristi italiani e quello con più esperienza in questo campo tra i registi coinvolti. Il corto è la storia vera di Jedelin Gangbo, africano figlio di imprenditori, residente in Emilia da quando ne ha 4. Scrittore di talento, è stato recentemente pubblicato da Feltrinelli. Ma senza un passaporto italiano e un contratto di lavoro a lungo termine (e quanti scrittori ne hanno uno?), con la nuova legge Bossi-Fini sull'immigrazione rischia l'espulsione. L'Italia è diventata ricca, forse più velocemente di quanto si aspettava se, come pare, ha così paura di vedere intaccata questa ricchezza. Come spiegare altrimenti una legge così rigida e che punisce così indistintamente? In 15, divertenti, minuti di cinema-realtà (una realtà surreale), Chiesa sintetizza perfettamente le conseguenze paradossali della tendenza di un paese a chiudersi in se stesso.