• Guido Chiesa
  • Guido Chiesa
  • Tomesha Productions
  • Kate Yourke
    Jim Coleman
    Sarah Auld
    Mark Boone Jr
    Michael Sean Edwards
    Shelby Stone
    Martin Widneir
    Tim Wright

  • Fotografia:
    Frank Prinzi
    Montaggio:
    Christine Vachon
    Suono:
    Steve Ning
    Musica:
    Luca Gasparini
    Riccardo Gherardi
    Slep
    Tim Wright
    Husker Du
    The Mirrors
    Prodotto da:
    Louis Tancredi

  • 16 minuti

1986 — CORTOMETRAGGIO Black Harvest

Bill, un ragazzo disoccupato e disilluso, e Frances, la sua ribelle amica taxista, vanno a trovare Danny, uno strano tipo che hanno conosciuto a una riunione di fans di Jimi Hendrix.  Ma la sua casa è deserta e sulla vicina spiaggia, i personaggi che incontrano non fanno che accrescere l'enigma.

Black Harvest doveva essere il primo capitolo del lungometraggio Short Lives (poi diventato The Hole, e infine Tomesha), la saga di Danny, la sua banda di "bruciati" e del "buco nella Valle della Morte" sognato da Charles Manson.

Note di regia

Al termine del montaggio di Stranger Than Paradise, film alla cui lavorazione avevo partecipato in qualità di assistente al produttore/autista/cuoco,  Jim Jarmusch mi aveva regalato i circa duemila metri di pellicola B&N Kodak 500 Asa avanzati dalla produzione. Era una pellicola dalla storia complessa.

Alcuni anni prima, Wim Wenders, reduce dalle traversie hollywoodiane di Hammett, era andato in Portogallo a trovare il suo amico e cineasta Raul Ruiz che stava per iniziare le riprese de Il territorio. Suggestionato dalle location e dall’approccio “indipendente” di Ruiz, Wenders decise seduta stante di realizzare un film che avrebbe utilizzato i medesimi set, cast e troupe del regista cileno. Come direttore della fotografia di Lo stato delle cose, il titolo con cui sarà poi conosciuto quel fortunato film, Wenders chiamò il leggendario Henri Alekan, già responsabile dell’immagine di opere come La bella e la bestia o Vacanze romane. Alekan accettò a patto che si utilizzasse la Kodak B&N 500 ASA. Wenders, quindi, chiese al suo produttore Chris Sievernich di procurargli tutta la pellicola necessaria nel più breve tempo possibile, cioè prima che finisse il film di Ruiz.

Ma nessuno aveva fatto i conti con la B&N 500 ASA: una pellicola obsoleta, da anni prodotta solo su ordinazione, che la Kodak non avrebbe mai fatto in tempo a fabbricare nei tempi previsti. L’unica soluzione era cercarla in giro per il mondo.

E così Sievernich fece, riuscendo non solo a procurare un numero di bobine sufficienti, ma facendone arrivare addirittura in eccesso, nel timore che Wenders non ne avesse abbastanza.

Quella pellicola fu poi regalata dal duo Wenders/Sievernich a Jarmusch  (conosciuto all’epoca delle riprese di Lighting Over Water/Nick’s Movie, essendo Jim l’assistente personale di Nicholas Ray) affinché ne ricavasse un cortometraggio.

Jarmusch, invece, ne tirò fuori la prima parte di Stranger Than Paradise.

Così, quando un anno dopo, trovati i soldi per completarlo, Jarmusch dovette richiedere alla Kodak la pellicola, si preoccupò di ordinarne più del necessario, anche lui per paura di rimanerne senza.

E così, passati alcuni mesi dopo Stranger, la pellicola avanzata finì nel mio frigorifero, da cui uscì solo il giorno delle riprese. E lì iniziarono i guai.

Prima di tutto durante la lavorazione: girato con due lire due, in meno di tre giorni, il film era quasi completamente ambientato in esterni, in particolare sulla assolata spiaggia di Montauk nello stato di New York. Esattamente le condizioni opposte a quelle consigliate per una pellicola come la 500 ASA e in particolare per chi, come noi, puntava ad ottenere un forte contrasto. Per ottenere un’esposizione corretta, Frank Prinzi, il direttore della fotografia, dovette quindi utilizzare una quantità ridicola di filtri, rallentando pesantemente le riprese, che invece avrebbero dovuto marciare alquanto spedite a causa della scarsità di pecunia. Ma il peggio doveva ancora arrivare.

Il giorno dopo la fine delle riprese di Black Harvest partii per New Orleans, dove ci restai per tre mesi, lavorando come secondo aiuto regista sul set di Down By Law. Un mese dopo mi arrivò in Louisiana il girato del cortometraggio e lo vidi in compagnia di Otto Grokenberger, co-produttore dei film di Jarmusch. Fu un’esperienza terribile: praticamente ogni ciak era percorso da flash di macchie bianche, l’umidità accumulata dalla pellicola durante il periodo in cui aveva giaciuto nel mio frigorifero. Ero convinto che avrei buttato via tutto: pellicola, soldi, idee…

Invece, miracolosamente, riuscimmo a montare il film: s’era infatti salvata una parte sufficiente di ogni inquadratura, anche se questo mi obbligò ad un montaggio molto diverso da quello che avevo previsto. Grokenberger vide il film, gli piacque e decise che avrebbe prodotto il lungometraggio che, ispirato da Black Harvest (il cui titolo originale doveva essere Pride, orgoglio), avevo nel frattempo pensato di scrivere: la storia di Danny e la sua scalcagnata banda di “marginali” alla ricerca degli ultimi discepoli di Charles Manson nel deserto della Valle della Morte. 

Ma questa é proprio un’altra storia…

film completo