E’ PRIMAVERA: esce CLASSE Z

Sette anni fa il mio terz'ultimo film, IO SONO CON TE, usciva con ottime recensioni, le migliori che avevo mai ricevuto. Incassava un totale di 100.000 euro quando ne era costati quasi 3 milioni (soldi pubblici). Per me un esito inaccettabile, a maggior ragione perché era il film che più avevo inseguito e amato (già solo per il fatto che l'aveva ideato e scritto Nicoletta Micheli, il mio amore).

Da questo episodio e da molti altri che coinvolgevano i miei colleghi, mi resi conto che qualcosa stava cambiando. Non si trattava solo della crisi del cinema d'autore, della crescente diffidenza del pubblico italiano verso il cinema nostrano o della diffusione sempre più capillare di fruizioni alternative alla sala. Stava avvenendo una sorta di mutazione antropologica che, almeno nel nostro paese, portava alla graduale marginalizzazione del cinema come fenomeno sociale e culturale. Quello che è accaduto negli anni successivi mi ha confermato che c'era qualcosa di corretto in questa analisi (e che nessun mercoledì a 2 euro potrà sanare...).

Non potrò mai ringraziare abbastanza la Colorado per avermi offerto, in questa delicata fase, la possibilità di realizzare commedie, unico genere ancora parzialmente all’attivo nella zoppicante industria cinematografica del nostro paese. In realtà, io avrei cominciato a farle molti anni prima, ma altri non avevano avuto fiducia nella mia capacità di gestirle. Li capisco: fare un film costa, tanto, ed è sacrosanto che produttori e finanziatori ci pensino su cento volte prima di investire su persone e idee che non sembrano offrire sufficienti garanzie.
Altrettanto, non ho nessuna nostalgia per il passato: c’era qualcosa di malsano in un sistema che per decenni ha finanziato (tanti) film i cui introiti erano incommensurabilmente inferiori ai capitali (pubblici) investiti. Un conto è la necessaria e indispensabile realizzazione di nuovi prototipi, la ricerca di nuove storie e nuovi modi di fare cinema. Un conto è il tenere in vita privilegi e posizioni di rendita non giustificate in alcun modo dal mercato, e spesso nemmeno dalla filiera festival/critica.

Se me ne daranno modo, tornerò volentieri a fare i cosiddetti film impegnati/d'autore. Le idee e la voglia non mancano di certo. Ma non ho nessun desiderio, né posso permettermi, di impegnare anni della mia vita in progetti che, quasi di default, non hanno che pochissime probabilità di recuperare i soldi investiti, ossia - quel che più conta - di essere visti dal più ampio numero di persone possibili. Non faccio, ne ho mai fatto, i film per me stesso, o una ristretta nicchia di cinefili. Se queste condizioni non ci saranno, vorrà dire che farò altro. La vita è molto di più del cinema e il reale, come dice qualcuno che ne capisce, è sempre superiore all'ideale.

CLASSE Z in sala da domani è un piccolo film, nato quasi "per caso" con Alessandro Usai, ma in cui ho creduto fin da subito e che mi sono divertito un sacco a realizzare. Un progetto che mi è cresciuto poco per volta fra le mani fino a diventare una scommessa personale, a cominciare dal bisogno di comunicare alle mie figlie tutta la mia empatia per la loro idiosincrasia a certi aspetti del quotidiano impegno scolastico. Un film che non vuole giudicare nessuno - a partire dai tanti professori che con passione svolgono ogni giorno il loro lavoro in mezzo a mille difficoltà - ma che sta apertamente dalla parte dei ragazzi, specie di quelli che vivono con disagio l'esperienza della scuola. Il film è per loro, e per i loro prof, genitori, parenti e amici. Insomma tutti.

E’ primavera, fa caldo, vacca boia, neanche il tempo ci aiuta. Andate a vederlo, presto, che i film ormai li tolgono subito. Poi mi dite.