Ieri sera ho accompagnato la figlia più grande a vedere un concerto, il suo primo concerto.
LE LUCI DELLA CENTRALE ELETTRICA, il suo gruppo italiano preferito.
L'atmosfera era quella di sempre: età media 20/25 anni, birre, sigarette, canne.
Tutti sapevano i testi delle canzoni e le cantavano a memoria seguendo la voce declamante del leader e cantante Vasco Brondi.
Rispetto ai miei tempi (oddio, che espressione...) c'erano più piercing e tatuaggi, meno aggressività e un po' di apatia in più.
Me ne sono reso conto con tangibile evidenza quando Brondi ha intonato la loro classica cover di EMILIA PARANOICA dei CCCP, gruppo dal cui repertorio saccheggia con dichiarata e mai banale sapienza. Persino al momento del ritornello " bombardieri su Beirut/ due tre quattro/ chiedi a settantasette se non sai come si fa" nessuno si è messo a pogare.
I tempi sono cambiati, ma a me per fortuna non veniva in mente nessuna sociologica riflessione.
A un certo punto, però, mi sono ritrovato anch'io a ripetere il ritornello di una canzone che non conoscevo, ma che lì per lì mi aveva catturato.
Ho girato lo sguardo e ho guardato mia figlia, che non mi aveva visto ripetere le stesse parole a lei ben note: "io cerco un centro di gravità almeno momentanea".
Ho ringraziato Dio, perché in quel momento, senza bisogno di parlare che è sempre difficile, avevo capito qualcosa di lei. E di me, d'una volta e di adesso, e degli sbagli e dei silenzi e delle urla.