Esce oggi nei cinema un film chiamato FUGA DI CERVELLI. Diretto da Paolo Ruffini, la pellicola è il remake di un omonimo successo spagnolo del 2009. É una commedia interpretata da Luca Peracino e Andrea Pisani del duo Panpers, Frank Matano, Gugliemo Scilla alias Wilwoosh e Ruffini stesso, nei panni di quattro fancazzisti - di cui due handicappati - che per aiutare il loro amico Emilio a inseguire il suo sogno d’amore per la bella Nadia, si iscrivono alla facoltà di Medicina di Oxford e lì ne combinano di tutti i colori. Fuga di cervelli al contrario.
Chi avrà modo di vedere il film, noterà - se ha pazienza di leggere i titoli di coda - che il mio nome compare ben due volte: co-sceneggiatore e produttore delegato (per capirci: nel cinema italiano d’oggi, il produttore non è più colui che finanzia il film, bensì che trova i capitali per realizzarlo oppure li gestisce per conto terzi; delegato indica appunto che agisce per conto d’altri, ad esempio, come ho fatto io sul set dove agivo per conto della produzione). In sostanza, le mie mansioni sono state: riscrivere con Ruffini e Giovanni Bognetti la sceneggiatura basata sul prototipo spagnolo; aiutare Paolo, un po’ come un coach/tutor, un po’ come un fratello maggiore.
Ma, si chiederà qualcuno, che c’entro io con una commedia giovanile e demenziale, più dalle parti di AMERICAN PIE che da quelle della commedia all’italiana vecchia e nuova?
Se a qualcuno gliene frega qualcosa, qui di seguito è spiegato il perché. Non ho bisogno di giustificarmi, sia chiaro, ma dato che è stata una bella esperienza, mi piace condividerla.
La questione potrebbe essere liquidata in tre parole: pecunia non olet. Dato che sono tre anni che non giro film e tengo famiglia, avevo bisogno di soldi. Mi hanno offerto questo e l’ho preso. Ma non è così, o almeno non solo.
I progetti che più mi stanno a cuore hanno bisogno di una lunga fase di gestazione produttiva, spesso da intraprendere all’estero, dato che in Italia per un certo tipo di cinema i rubinetti si sono a dir poco chiusi. Nel passato, ho colmato i periodi di inattività tra un film e l’altro dirigendo documentari. Negli ultimi anni, il mercato dei documentari in Italia si è drasticamente ristretto e i tempi di sviluppo di un progetto di questo tipo si misurano anche qui in anni (il recente vincitore del Festival di Roma ci ha impiegato 5 anni a realizzare il suo TIR). Insomma, pure in questo settore, nulla che possa conciliato con il mantenimento di un famiglia di cinque persone.
Non potendo dunque “non guadagnare”, e nell’attesa di veder finanziato il film che sto portando avanti da oltre un anno, ho ritenuto fosse meglio lavorare, piuttosto che stare a casa a struggersi e lamentarsi.
In realtà, purtroppo o per fortuna, le cose sono ancora più complesse: non è una mera faccenda di soldi e tempo da utilizzare, ma di affetti e relazioni umane.
All’origine della decisione di lavorare su FUGA DI CERVELLI ci sono due incontri. Incomincio dal secondo, in ordine di tempo, perché è il più semplice da raccontare.
Sapevo poco o nulla di Paolo Ruffini. L’avevo notato in C’E’ CHI DICE NO di Giambattista Avellino e sapevo che è un comico e presentatore di COLORADO CAFE’ su Italia 1 (programma che, mea culpa, non avevo mai visto). Poi me l’hanno fatto incontrare e ho scoperto una persona generosa, simpatica, disponibile. Lavorare con Paolo è stato divertente e da lui ho imparato tanto sulla comicità; sicuramente gli ho rotto molto le scatole, ma ero lì per quello e spero che non me ne abbia. Per carità, Paolo ha le sue lacune, ma chi non le ha? E, soprattutto, chi sono io per giudicare?
La persona che me l’ha fatto incontrare si chiama Maurizio Totti, ma col calciatore condivide solo il cognome. È il patron della Colorado, ha realizzato molti film (ad esempio, quasi tutti quelli di Gabriele Salvatores), lo conosco da anni e ho iniziato a lavorare con lui nel 2007 dirigendo la serie QUO VADIS BABY?, da lui prodotta.
Totti è stato soprattutto uno dei produttori di IO SONO CON TE, film che ha contribuito a rendere possibile nonostante tutti gli dicessero che non era il progetto adatto a lui e si trattava di un’operazione commercialmente sbagliata. Ma lui è andato avanti per la sua strada e ha difeso il film fin dove poteva.
Dal punto di vista commerciale il film è andato come sappiamo, ma Totti, invece di scaricarmi, mi ha offerto di collaborare con la sua società, con la richiesta di sviluppare idee e scrivere sceneggiature, prevalentemente orientate sul terreno della commedia e del film di genere. Purtroppo, nessuno dei progetti che abbiamo messo in cantiere ha incontrato il favore del mercato, ma in questi anni la Colorado mi ha permesso di vivere dignitosamente.
A un certo punto, Totti mi ha chiesto di dargli una mano su FUGA DI CERVELLI, un film in cui credeva molto - certamente in modo diverso da IO SONO CON TE, ma con altrettanta convinzione. Io ci ho pensato un po’ su, poi gli ho detto “ci sto”. Per te, perché te lo devo, perché mi sei stato vicino.
Anche lui come Ruffini ha le sue lacune, ma io ne ho sicuramente di più. E poi chi sono io per voltare le spalle a una persona che, in un momento in cui nessuno voleva darmi una mano, non solo me l’ha data - certo anche chiedendo qualcosa in cambio, non è questo il punto - ma l’ha fatto con totale trasparenza e retribuendomi sempre con puntualità e correttezza?
FUGA DI CERVELLI non è il tipo di film che prediligo, né qualcosa che mi sento di difendere ad oltranza. Però penso che, anche grazie al mio contributo, sia diventato un progetto divertente (le amiche delle mie figlie hanno riso come pazze), confezionato in maniera dignitosa e con alcuni aspetti originali, almeno rispetto al genere della commedia in Italia.
Non voglio far finta di credere che sia altro rispetto a quello che è: è una commedia trash per teenagers, con momenti spiritosi, altri commoventi, altri in cui non mi riconosco e che non sono riuscito a cambiare, ma non sta a me difenderli, né penso lo rendano più discutibile o disprezzabile di tanto cinema che si auto-definisce d’autore, ma è spesso solo un’accozzaglia di stereotipi politicamente corretti.
Facendolo ho imparato molto su questo mestiere ed è stato un discreto bagno di umiltà. Che non fa mai male. Se vi va, andate a vederlo e fatemi sapere.
Io nel frattempo sto preparando un altro di quei film che nessuno andrà a vedere.