CLAUDIO ROCCHI, 1951-2013, R.I.P.

E' mancato ieri Claudio Rocchi, cantautore milanese, negli anni '70 esponente di punta dell'ala hippie della cosiddetta controcultura italiana.
Non sta a me parlare della sua complicata e controversa vicenda umana, delle sue esperienze con le sostanze lisergiche o della sua frequentazione delle filosofie orientali. Nemmeno delle sue canzoni, che alle mie orecchie adolescenti e ingenue suonavano tanto evocative e liberatorie, ma che con gli anni non hanno smesso di intrigarmi per la curiosa ragnatela sonora decisamente poco italica. La sua LA REALTA' NON ESISTE, poi, era l'unica canzone che avevo imparato a suonare al pianoforte, io negato per la musica.
Ora che non è più su questa terra, mi piace ricordarlo se non altro quale esponente illustre di una generazione - in fin dei conti la mia - che ha sbandato con
armoniosa goffaggine attraverso decenni tumultuosi, ma non privi di una certa necessità.
Una generazione che nel suo caso ha scambiato il vitale bisogno di libertà per la tunica violacea di qualche yogi, che attraverso il prisma del LSD ha creduto di vedere nell'Oriente l'Eden e nell'amore un sentimento e non un dono fragile e materiale, connaturato all'essere umano.
Nessuna nostalgia, nessun piangersi addosso, per carità, ma una preghiera sì, per lui e una generazione che ha scontato errori non suoi, perchè, com'è scritto, le colpe dei padri ricadono sui figli per generazioni e generazioni.
Riposa in pace, Claudio Rocchi, per fortuna per tutti noi la realtà esiste e la tua realtà è che adesso non sei più su questa terra. Se ci vediamo lassù, promettimi che mi insegni a suonare.