Lo so che sto per irritare qualcuno. Forse farmi anche qualche nemico.Amen. Antonio Socci, per alcuni, è il giornalista mandato in onda a sostituire Santoro su Rai 2, ai tempi della prima vittoria elettorale di Forza Italia, in un programma dagli esiti modesti, Excalibur.
Per altri, è un pennivendolo del potere berlusconiano (scrive sul quotidiano Libero), un affiliato della "cosca" di Comunione Liberazione e un sostenitore del cattolicesimo più filo-Vaticano.
Sarà.
Non sono categorie che mi appartengono e col tempo ho imparato a diffidare dalle etichette e occuparmi più della sostanza. Talvolta scopri perle di verità dove meno te lo aspetti.
Leggo raramente il blog del giornalista/scrittore toscano e, ancor più raramente sono d'accordo sulle sue prese di posizione in materia di attualità politico-sociale - anche se gli riconosco sempre un certo acume, il coraggio delle opinioni contro-corrente e soprattutto una vena anti-moralista veramente cristiana nel senso più autentico del termine.
Oggi mia moglie mi ha segnalato un articolo di Socci sulla ossessione per il sesso che attraversa la nostra epoca (lo avete letto o no che Milano è la città in testa alla classifica mondiale per accessi al sito You Porn?). In esso, il giornalista prende spunto da un articolo scritto per La Stampa da un collega, Antonio Scurati, scrittore dichiaratamente collocato a sinistra. Nel pezzo, al solito pubblicato da Libero, Socci cita e condivide le posizioni sull'argomento di altri tre autori posizionati su sponde politicamente opposte alle sue: Pierpaolo Pasolini - il primo grande critico della cosidetta rivoluzione sessuale degli anni '60 - Michel Foucalt e il sociologo Zygmunt Bauman.
Ma la citazione più sorprendente e travolgente l'ho trovata in coda: Jack Kerouac, il padre della Beat Generation, l'autore di un romanzo culto della mia adolescenza, SULLA STRADA.
La riporto in calce per chi non volesse, per coerenza (sic!) o pregiudizio verso Socci e la testata che lo ospita, leggere l'articolo nella sua interezza:
"Quando chiesero a Jack Kerouac cosa stava cercando la “beat generation”, egli rispose: “Dio. Voglio che Dio mi mostri il suo volto”. In un appunto del 1949 scriveva: “la vita non è abbastanza, qui sulla terra non c’è abbastanza da desiderare”. Un giorno tornò nella chiesa della sua infanzia, a Lowell, e commosso, in quella bellezza, “ebbi la visione di che cosa avevo voluto dire veramente con la parola ‘Beat’… significava beato…”.
Questo simbolo della rivolta generazionale del dopoguerra esprimeva così “il desiderio di andarsene, fuori da questo mondo… ‘in alto’, in estasi, salvi, come se le visioni dei santi claustrali di Chartres e Clairvaux tornassero…”. Per questo nell’ultima intervista al New York Times fu lapidario: “I’m not a beatnik. I’m a Catholic”."
Da buon San Tommaso sono andato a verificare se veramente Kerouac avesse detto queste frasi e ne ho trovate ben di più. Ad esempio: "When Ted Berrigan of the Paris Review asked during a 1968 interview, “How come you never write about Jesus?” Kerouac’s reply: “I’ve never written about Jesus? … You’re an insane phony … All I write about is Jesus.”".
L'articolo di Socci, pur con elementi irrisolti che meriterebbero sicuramente un approfondimento , è comunque interessante e meritevole d'attenzione. Per chi ne ha tempo, voglia e orecchie.