TRUE CINEMA, TRUE LIFE

Mi sono imbattuto per caso in TRUE DETECTIVE. Ho visto per alcuni istanti una sequenza decisamente affascinante, poi vari amici me ne hanno parlato bene, e alla fine me lo sono visto tutto. Scaricato. Con sottotitoli, perché altrimenti avrei visto un'altra cosa.

Sì, perché se sono molto gli elementi interessanti di questa serie americana (i personaggi in primis, il taglio cinematografico, la sintassi narrativa, le atmosfere della Louisiana palustre, ecc.), la recitazione degli attori è a dir poco rimarchevole. Dal primo all'ultimo.

A cominciare da Matthew McConaughey, che conoscevo poco, ma in INTERSTELLAR e soprattutto con il personaggio di Rust Cohle (prometto di vedere DALLAS BUYERS CLUB presto), raggiunge livelli di recitazione veramente impressionanti.

Tutto understantement, tutto controllato, tutto sotto tono, ma quando è necessario lo alza eccome. Ovviamente, tutti questi aspetti si possono apprezzare se lo si vede e sente recitare nella sua lingua, perché il doppiaggio italiano, ahimè, appiattisce ogni dettaglio della sua ricca dialettica voce/volto.

Una dialettica che mi ha fatto riflettere, come raramente capita, quanto sia ormai inesistente l'antica divisione tra tv e cinema, piccolo e grande schermo.

A parte il fatto che, oggi come oggi, gran parte del cinema viene consumato su schermi piccoli, nulla in TRUE DETECTIVE fa pensare a qualcosa di minore, sciatto, “televisivo” in senso dispregiativo, come  spesso lo intendiamo dalle nostre parti. E non solo perché le serie americane godono di un budget a noi impensabili, ma soprattutto perché ogni inquadratura, ogni battuta, ogni sequenza di TRUE DETECTIVE, che piaccia o meno, è pensata e realizzata con una cura che trasuda passione, nonché mestiere. E ancor di più, la vera differenza la fa la complessità dei personaggi e della storia, inimmaginabile dalle nostri parti, dove anche le serie più "coraggiose" non fanno altro che riprodurre i vari stereotipi della cultura e della sociologia.

Prendiamo, ad esempio, un dibattito in cui mi sono imbattuto in rete sulla presenza o meno di riferimenti ultra-terreni in TRUE DETECTIVE. In sostanza, la questione è: gli autori credono o meno che vi sia una dimensione trascendente? E quindi: è legittimo leggere la serie in questa prospettiva?

A sostegno della tesi che nega una lettura ultra-terrena vi è la durissima avversione del personaggio di Rust Cohle verso ogni forma di religione, tanto che qualcuno ha parlato, non a torto, di personaggio nichilista. E per rafforzare la sensazione, Cohle cita Nietzsche e smonta con la lucidità di un genetista evoluzionista ogni fede, ogni bisogno o manifestazione di trascendenza.

A me basta notare che Woody Harrelson e McConaughey, protagonisti della serie, sono anche i co-produttori, cioè coloro che l’hanno resa possibile. Alla consegna dell'Oscar per DALLAS BUYERS CLUB, McConaughey disse, tra l'altro: "Ringrazio Dio per tutte le opportunità che mi ha dato e che non sono sicuramente guidate dalla mia mano e sicuramente non da una mano umana".

Ma ancor di più è il finale della serie che mi fa pensare come la lettura nichilista sia troppo "facile" e “politicamente corretta” per essere vera - senza nulla togliere al discorso critico sulla religione, che qui vuol dire protestantesimo, culti evangelici, sette più o meno cristiane, ma soprattutto quel misto di violenza patriarcale e ritualità ancestrali che sono parte del tessuto antropologico della Lousiana e di gran parte del Sud degli Stati Uniti.

Nell'ultima scena, il detective Cohle racconta tra le lacrime all'amico Marty (Woody Harrelson) di aver "incontrato", mentre stava per morire per le ferite inferte da un serial killer, sua figlia e suo padre, entrambi defunti.

Cohle dice che nell’oscurità ha sentito il loro "amore" amplificato, assoluto.

Marty obietta che, in effetti, “l’oscurità ha molto più spazio”.

Al che, il “nichilista” Cohle conclude: “Una volta c’era solo il buio. Se chiedi a me, la luce sta vincendo”.

Ora, anche per chi non conosce il primo capitolo del Vangelo di Giovanni (“In lui era la vita
e la vita era la luce degli uomini; la luce splende nelle tenebre e le tenebre non l’hanno vinta”), mi sembra evidente che qui ci sia qualcosa che va ben oltre una lettura “alla moda”, o peggio ancora sociologica. Qualcosa che chiama in ballo un sistema di riferimenti complesso e, pur non rinunciando a prendere posizione, non si riduce alla facile semplificazione di un twitter.

Quanto meno fa discutere, e questo mi sembra già tanto.