DICHIARAZIONE DI VUOTO

Ho sempre votato. Negli anni sempre più per “dovere civico” e sempre meno per appartenenza ideologica o altro. Non mi sento rappresentato da demagoghi, populisti e moralisti. Altrettanto, non nutro alcuna fiducia in chi crede di essere migliore degli altri. Più giusto, più onesto, più integro.  Sempre pronto a scagliare la prima pietra.

Non ho mai avuto molta fiducia nel sistema rappresentativo, forse nella democrazia elettorale stessa e certamente, come molti altri, ho perso ogni interesse nella prassi politica come si è andata configurando nel mondo occidentale. Anche quella di gruppi, gruppetti e movimenti vari, che da decenni ormai scimmiottano il ’68/’77 e, tranne alcune meritevoli eccezioni, finiscono spesso per fare più danni che altro.

E non pensate che sia meglio altrove rispetto all’Italia: leggetevi i quotidiani degli altri paesi europei e troverete gli stessi scandali, la stessa sfiducia, la stessa rabbia; le uniche sostanziali differenze (storiche e non certo "genetiche") derivano dal fatto che le società di alcuni paesi europei - e più in generale di quelli che, in mancanza di altri, termini possiamo definire "occidentali" - godono di un sistema capitalistico più avanzato e di una più consolidata organizzazione dello Stato. Fattori che, a loro volta, garantiscono una migliore dinamica “istituzioni/rispetto delle regole/cittadinanza”, ma anche sistemi politici concentrati su due posizioni dominanti. Il che non è necessariamente un bene.

A queste elezioni, andrò probabilmente a votare, ma non so ancora chi.

Diffido con affetto chiunque dal darmi del qualunquista o di credere che questa sfiducia sia una sorta di dichiarazione anti-politica: sostenere che la politica non ha alcun precedenza sugli altri aspetti dell’esistenza (semmai il contrario), non equivale a  dire che mi va bene tutto o che chiunque governi non cambia nulla. No, mi importa assai chi governa e come.

Per cercare dei possibili spunti di interesse per orientare il mio voto, mi sono preso lo sfizio di leggere i programmi dei principali schieramenti. Tutti, dai più grandi ai più piccoli, ivi inclusi Ingroia e Fare-Fermare il declino. A parte le incredibili somiglianze e le preoccupanti convergenze (tutti per il cambiamento, tutti per la trasparenza, tutti per ridare fiducia, tutti per la moralità e l’innovazione), di proposte concrete ne ho trovate ben poche e quasi tutte concentrate su tasse e economia. Inoltre, per la maggior parte, difficilmente realizzabili.

E poi non solo di pane vive l'uomo, ma nemmeno di IMU, lavoro o libero accesso alla Rete. Sono aspetti importanti della vita, per carità, ma davvero la nostra esistenza si esaurisce in questi confini? Davvero l’unica discriminante attraverso cui orientarsi dev’essere tra “sanità pubblica vs. sanità privata” o “istruzione pubblica vs. istruzione privata”, e mai qualcuno trovi legittimo chiedersi che tipo di sanità o istruzione è migliore per un essere umano?

Pur essendo per nulla propenso alla privatizzazione dell’istruzione, non solo per nulla convinto che quella pubblica attuale sia la migliore possibile. Se mi devo basare su alcune esperienze dei miei figli, direi proprio di no. Su altre, invece, sì, ma dipendeva dalle persone coinvolte, nonostante un sistema che mi pare profondamente sbagliato, perché aliena gli studenti e li allontana da ogni piacere dell’apprendimento.

Non parliamo degli ospedali. Non sarebbe interessante se almeno qualcuno provasse a mettere in discussione il tipo di medicina alla base del nostro sistema sanitario nazionale, o che tipo di ideologia del corpo viene diffusa, o quale idea del rapporto paziente/medico viene praticata negli ospedali di ogni tipo, pubblico o privato non fa differenza?

E invece nulla.

Ecco, ad esempio, alcune proposte che non ho trovato nei programmi.

Non ho trovato una sola proposta concreta rispetto alla cultura o l’arte, che di questo paese sono le risorse più invidiate al mondo.

Non ho trovato una sola proposta concreta a proposito di bambini, i quali non votano, ma pagano le conseguenze di chi vota e non possono nemmeno andare in piazza a protestare come i loro fratelli più grandicelli. Le uniche indicazioni in materia sono la reiterazione del cosiddetto bonus bebè del PDL e quella - multipartisan, si può dire?- di aumentare i posti negli asili nido: ma davvero l’asilo-nido è quello che serve ai bambini? E’ per il loro bene che ce li mandiamo? Possibile che non ci sia un altro sistema per occuparsi dei piccoli dei genitori che lavorano? Non trovate inquietante questa unanimità sul tema?

Non ho trovato una sola proposta concreta riguardo le donne, al di fuori delle generiche promesse di farle lavorare (proprio ora che il lavoro non c’è più per nessuno), delle mistificatorie promesse di quote rose o le ancor più illusorie promesse di “fermare il femminicidio”. Dispiace dirlo, ma l’unica formazione politica ad aver inserito la maternità (e quindi la natalità di un paese sempre più vecchio e, come ci insegnano i demografi, destinato a un inevitabile declino) nei punti principali del suo programma è… Casa Pound: incentivi alle famiglie con più figli; promozione della cultura dell’allattamento al seno (che costa molto meno di quello in polvere… e fa bene a mamma e bambino, come ci spiega senza mezzi termini l’Organizzazione Mondiale della Sanità); salario garantito alle madri fino all’età scolastica (ricordiamoci che un posto in un asilo pubblico costa in media allo Stato 24 mila euro l’anno: se ne dessero la metà ad ogni madre non-lavoratrice o a basso reddito, avremmo o no fatto del bene a tante donne, famiglie e bambini?).

Ma posso votare Casa Pound che vorrebbe che l’Italia tornasse “ad essere una unità morale, politica ed economica, che si realizza integralmente nello Stato”?

No, non posso.

Non ho trovato una sola parola sulla felicità degli abitanti di questo paese.

Non ho trovato una sola idea di “umanità”.

Non so chi voterò dopo domani, ma mi costa poco riconoscere che non è così importante e che molto - o tutto come ogni essere umano in relazione con gli altri è un tutto - ognuno di noi può fare, anche se vince qualcuno che non ci piace.